S.H.E
Safety, Health, Equality
S.H.E is Giulia Massacci
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Chi sei? Cosa fai? Perché fai questo lavoro?
Mi chiamo Giulia, sono un'architetta anche se suona un po' male al femminile, ma dobbiamo cominciare a introdurlo e poi ci abitueremo. Lavoro in un cantiere e, in questo momento, mi occupo di ufficio tecnico e contabilità di cantiere. Il mio lavoro è suddiviso in una parte più progettuale che, passando per il progetto esecutivo deve poi arrivare alla fase pratica, e quindi all'esecuzione. In pratica devo limare tutte quelle incongruenze che non sono necessariamente dettate da un errore di progettazione ma dal sito di cantiere che impone altri vincoli. L'obiettivo è quindi riuscire a produrre un progetto eseguibile.
La parte di contabilità riguarda il calcolo economico sulla base di costi di progetto, entrate, uscite, rendicontazione dell'andamento, non farsi scappare i subappaltatori, riuscire ad avere il rapporto sia all'interno che fuori dal cantiere (con i capi e la committenza). Questo aspetto è la parte più marginale del lavoro di architetto, non è la prima mansione che viene in mente quando si pensa a questo lavoro. Mi piace questo aspetto del mio mestiere perché è giusto prendere anche in considerazione i costi di un progetto, nella vita è fondamentale.
Sei soddisfatta del tuo lavoro?
Si, in questo momento sono soddisfatta, c'è da dire che ho cambiato lavoro di recente. Mi sono dimessa dalla mia precedente società qualche mese fa e sono subentrata (in questa nuova società) cambiando proprio lavoro. Fino a qualche mese fa mi occupavo di direzione lavori, un lavoro simile (a quello attuale) ma da un'altra prospettiva: era un ruolo più direzionale e meno pratico. Con questo passaggio ho potuto toccare con mano la realtà dei fatti, adesso mi occupo del reparto pratico per cui non ho l'ultima parola ma il potere decisionale di manipolare quello che sta succedendo in corso d'opera. È quindi un aspetto diverso della stessa branca.
Ho cambiato lavoro perché prima non ero soddisfatta, più che del lavoro in sé, dell'ambiente.
Ci sono state delle difficoltà durante la tua carriera lavorativa e come le hai affrontate/stai affrontando? Puoi parlare un po' dell'atmosfera che si respirava nel tuo vecchio lavoro? Perché hai deciso di cambiare?
A me dispiace parlare male della mia vecchia società, anche perché come in tutte le cose ci sono sia aspetti positivi che negativi. La mia permanenza nella vecchia società è stata breve e non me lo aspettavo, io mi auguravo che fosse la società della vita, che mi desse la possibilità di crescere a livello lavorativo, anche perché cambiare spesso è stancante. Anche adesso mi auguro di rimanere a lungo nella mia attuale società e devo dire che per ora stanno facendo di tutto per mantenere le loro promesse. Questo è un aspetto che invece non è stato tenuto in considerazione nella mia precedente società, le promesse iniziali fatte al colloquio non sono state mantenute. Io so che questa nel mondo lavorativo è una prassi però mi dà fastidio quando le parole non corrispondono ai fatti. Mi chiedo anche con che coscienza si vadano a dire al lavoratore certe cose se si sa che non verranno mantenute, noi lavoratori non siamo stupidi, se si ha davanti una persona con una certa esperienza e certi titoli non la si può prendere in giro.
Nella mia vecchia società ho avuto un’esperienza negativa: venivo sminuita per la mia giovane età nonostante avessi diverse esperienze lavorative anche in fase universitaria, all'estero e poi in Italia. Mi è stato detto di avere zero esperienze sebbene non fosse così. Trovo che sia triste che quando si è giovani e si deve crescere le esperienze pregresse, anche se poche, vengano completamente azzerate. Questo è un errore perché anche se poche, queste esperienze esistono e hanno sicuramente insegnato qualcosa. Mi dispiace che in Italia si tenda sempre a cercare di schiacciare il giovane: a parole tutti dicono di voler puntare sui giovani ma la dura verità è che questo viene fatto solo perché li si vuole pagare poco. A me queste dinamiche proprio non piacciono e quindi sapendo di meritarmi di più ho iniziato a guardarmi intorno. Sono un'ottimista, credo sia possibile trovare la propria dimensione, bisogna solo trovare le persone che credano in te, che vogliano farti crescere, che ti diano gli strumenti giusti, perché noi ci dimentichiamo troppo spesso che un lavoratore per il proprio salario da in cambio il suo tempo, la sua vita, le sue competenze. Queste cose a livello economico devono avere un valore, dobbiamo recuperare il rapporto che c'è tra le ore lavorate, le competenze/esperienze e poi quello che è la vita. Bisogna ribilanciare questo rapporto.
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A proposito di questo argomento, quanto il tuo lavoro influisce sulla tua vita privata? Ci sono state difficoltà a gestire sia lavoro che vita privata? Avevi la possibilità di avere la flessibilità sufficiente a gestire la tua vita?
In pochi anni ho fatto tante esperienze e questo mi ha permesso di toccare con mano diverse realtà. Le mie esperienze sono state molto diverse per quanto riguarda la gestione del tempo libero. Soprattutto agli inizi mi ricordo che io, di mia volontà, tendevo a dare di più di quanto mi venisse richiesto, lavoravo ore in più perché mi sentivo di essere quella che doveva dare di più in quanto, in una prima fase, lo scambio non era ancora equo, anche perché lo stipendio era ottimo e quindi mi sentivo in dovere di dare il massimo. Questa cosa però, a livello mentale è sfiancante e infatti in quel periodo non conciliavo vita privata e professionale e vivevo soltanto nei weekend, vivevo per lavorare ed ero chiaramente stremata.
Nella mia ultima società invece riuscivo a gestire vita privata e professionale molto meglio perché era vicino a casa e, non dovendo fare la pendolare risparmiavo molto tempo. Inoltre in quella società tutti i lavoratori entravano e uscivano agli stessi orari, quindi non mi sentivo in dovere di fare 12 ore di lavoro. Questo è giusto, l'orario di lavoro è di 8 ore e dobbiamo uscire dalla concezione di strafare.
Questo aspetto invece non ce l'ho nel mio attuale lavoro perché lavorando in cantiere la prassi è che con il contratto da 8 ore ne lavori 10/11. Tutto sta nel trovare la persona sensibile che dirige quel cantiere e che sa gratificare i propri lavoratori e gestire le tempistiche perché, in realtà, sta tutto nella buona gestione del tempo. Se non si riescono a completare gli obiettivi è necessario cambiare modo di lavorare o assumere più personale, non si possono spremere le persone, anche perché poi queste non rendono più il loro massimo.
Ad ogni modo, nonostante le diverse esperienze, è sempre stato difficile bilanciare vita privata e professionale e non so se in un futuro questa mia vita sia conciliabile con il progetto di una famiglia. Ad esempio, attualmente per lavoro vivo 5 giorni in un posto e ritorno a casa nel weekend. Magari in un futuro potrò fare un avanzamento di carriera e ottenere orari più comodi ma adesso sono appena arrivata e giustamente non posso avanzare questo tipo di richieste. Finché sono giovane e mi pagano bene sono disposta a fare questo sforzo ma il compenso deve essere adeguato, non accetto lo sfruttamento.
Purtroppo vedo che tanti miei coetanei, vista la situazione che è abbastanza amara, accettano qualsiasi condizione. Questo però è deleterio per tutta la società, non solo per il singolo, perché si crea uno standard che è duro a morire a livello sociale, soprattutto perché non ci sono norme.
Hai mai ricevuto un trattamento diverso in quanto donna lavoratrice e se si come hai reagito? Sono mai state messe in dubbio le tue competenze professionali perché sei una donna? Ci sono differenze salariali basate sul genere nel tuo lavoro?
Devo dire che sono fortunata, non sono mai state messe in dubbio le mie competenze professionali da parte dei miei colleghi in quanto donna. Le uniche esperienze in cui il mio essere donna ha fatto sì che la mia parola valesse di meno sono state in cantiere con gli operai. Generalizzando, vuoi per il basso livello culturale o le provenienze culturali variegate (ci sono culture in cui la donna non ricopre ruoli decisionali nella società) a volte i miei ordini non vengono ascoltati essendo donna. Quando ero DL mi è capitato di dare indicazioni per gestire situazioni di pericolo a due operai che non sono state ascoltate. Gli altri operai che mi conoscevano hanno guardato la scena stupiti ma non hanno detto niente. Ho poi scoperto che quegli operai non erano sotto la mia gestione ma questo non è il modo di comportarsi perché, quando si è CSE si ha la responsabilità generale e, si vede una situazione che può causare pericolo, si devono dare disposizioni. La mia indicazione era poi stata data in maniera molto tranquilla sia per via della mia età, che mi impone di essere abbastanza umile perché sono consapevole dei miei limiti, ma anche per il mio essere donna che mi porta a cercare di non inimicarmi nessuno perché può essere un attimo; preferisco prevenire che curare. Questo è stato l'unico caso ma penso che mi abbia penalizzato di più il mio essere giovane, sicuramente la combinazione con l'essere donna non ha aiutato.
Questo è l'unico esempio diretto che mi viene in mente. Essendo spesso l'unica donna, mi è capitato recentemente di andare in un cantiere abbastanza importante dove mancava un bagno per le donne e quindi mi hanno fatta andare nel bagno chimico con gli operai. Lì, a mio parere, c'è stata una mancanza di sensibilità verso le esigenze di una donna. In quel caso ho dovuto chiedere ai superiori di mettere un bagno per me nel cantiere. Un bagno per le donne non è previsto in un cantiere ma forse dovrebbe esserlo perché è comunque un luogo di lavoro come tutti gli altri e bisogna smetterla di pensare che nei cantieri non ci siano anche figure femminili. Almeno quando si sa che arriverà una donna ci si dovrebbe premunire per evitarle questa situazione spiacevole, anche per non dare l'idea di essere poco sensibili.
Si tende a pensare che il lavoro in cantiere sia prettamente maschile, secondo te perché? È una questione culturale o biologica?
In questo caso purtroppo è una questione biologica, per quanto uomini e donne debbano avere gli stessi diritti, non ci sarà mai una parificazione dal punto di vista biologico. L'uomo ha maggiore forza fisica, resistenza e minori problemi dati dagli sforzi fisici. Le donne invece sono generalmente più svantaggiate e quindi nel cantiere si trova molta più manovalanza maschile dovuta alla loro maggiore forza fisica (generalizzando).
Va però sottolineato che, essendoci una maggioranza di operai di sesso maschile, si tende a considerare tutto il settore come tale, quindi la maggioranza dei ruoli è ricoperto da uomini. Per me questa è un'assurdità perché ci sono mansioni come il direttore di cantiere, il contabile di cantiere ecc... che possono tranquillamente essere svolti da una donna perché non richiedono forza fisica. Purtroppo questo non avviene spesso forse proprio per il fatto che il settore dell'edilizia ha la nomea di essere duro e maschile e quindi le donne non sono incentivate a prenderne parte.
Generalizzando, le donne tendono a preferire ambienti più rilassati come l'ufficio anche se, personalmente, avendo provato entrambi i contesti, io preferisco il cantiere per una questione di schiettezza e di sincerità di intenti. Vorrei lanciare un appello e dire che i cantieri non sono luoghi così brutti come li si dipinge, inospitali e pieni di gente rozza. Mi sono sempre trovata bene, anche perché lavoro per una società che ha un nome e che ci tiene a mantenere certi standard a livello di ambiente lavorativo. La responsabilità di creare un ambiente confortevole è dei direttori di cantiere.
Esistono procedure aziendali per affrontare situazioni di emergenza legate a molestie o discriminazioni sul posto di lavoro?
Io ho scelto la mia attuale società proprio perché aveva un ufficio chiamato whistle blower che si occupa dei campanelli d'allarme. È un organo quasi indipendente ed esterno, gestito da un personale specializzato. In precedenza invece ho avuto un conflitto di interessi con la mia vecchia società perché le persone con cui mi sarei dovuta rapportare e che avrebbero dovuto ascoltarmi, non solo sono state poco disponibili all'ascolto ma avevano quella maschera che mi ha fatto pensare che mi stessero ascoltando per poi mettermi nei guai per tutelare il capo. Questa cosa è molto grave perché io ero in una situazione in cui avrei dovuto riportare una serie di comportamenti scorretti nei miei confronti e mi è mancato l'ascolto sincero. La mia storia è stata presa come una bugia e ho subito capito che le informazioni che stavo dando sarebbero state usate contro di me. In quella situazione, avendo già avuto un'esperienza negativa in un'altra società dove non c'era alcun ufficio preposto ed essendoci un evidente conflitto di interessi, non mi sono sentita tutelata. Essendo una situazione che ho percepito come di pericolo e non essendomi sentita a mio agio ho preferito stare zitta perché sapevo che mi sarei messa nei pasticci. La cosa triste è che le persone che avrebbero dovuto ascoltarmi erano delle donne e mi dispiace che a volte le donne non facciano squadra. Ho percepito questo avvenimento come lo specchio della società in cui viviamo e questo mi ha messo tristezza. È anche per questo che preferisco il cantiere, perché lì queste cose non le ho mai viste, questa incoerenza lì non c'è.
Ho lavorato all'estero e ho anche esperienze di amici e quello che è successo a me (conflitto di interessi) non esiste. Mi avrebbero ascoltato subito e non avrebbero messo in discussione la mia parola. Io non me la sono neanche sentita di parlare e questa cosa in altri contesti non sarebbe successa.
Che consiglio daresti a una donna che vuole fare il tuo stesso lavoro?
Alle donne dico, se avete avuto un'esperienza come la mia che non volete rivivere fate caso a cose come la presenza di un ufficio whistle blower. Alle aziende che vogliono essere in linea con quelli che sono i diritti dei lavoratori invece consiglio di istituire uffici indipendenti con persone competenti e formate in modo da riuscire a fare luce su questo tipo di situazioni.
Cosa potrebbe migliorare nel tuo lavoro?
Vorrei fare uno sguardo ampio sulla situazione lavorativa in Italia che purtroppo non è ridente ed è triste quando a dirlo è una ragazza under 30. Noi ragazzi dovremmo essere portatori di ottimismo e non lo siamo perché vediamo poche possibilità per il futuro e questo perché, è vero che a volte le nuove generazioni possono essere irrispettose ma io vedo anche chi è più grande di me e che dovrebbe dare l'esempio, questa è una cosa che ci si dimentica, e sono le persone meno esemplari di tutte. Se uno ha una certa carica e una certa età deve essere esemplare e invece alle volte portano i loro sottoposti a fare errori di inesperienza proprio perché c'è stato uno scollamento di quelli che sono i valori. In primo luogo c'è il valore dell'educazione, che dovrebbe essere posta come prima cosa, davanti alla preparazione tecnica e alla capacità dell'essere umano. L'educazione è quel qualcosa che va incontro alle diversità e permette di lavorare con persone totalmente diverse da sé stessi, con esperienze e preparazione culturale differente. L'educazione è un braccio teso e questo non si deve dimenticare. A me è capitata una situazione in cui sono stata maleducata e questo mi ha fatto male perché io so di essere educata ma una persona mi ha fatto molto arrabbiare e mi ha fatto abbassare al suo livello. Questo non dovrebbe mai accadere, la professionalità sta anche in questo. C'è da dire che quando si è giovani si impara però non dovrebbe esserci neanche a monte quel comportamento che scatena la reazione da parte di persone con una certa età e ruolo professionale. È però veramente difficile per una società mettere in riga e gestire il personale e per risolvere questo problema non si può lavorare sul singolo caso, la questione si può risolvere a livello culturale, solo così, partendo dal basso, facendo sentire in colpa le persone che si comportano in questo modo, in modo da mostrare che quell'atteggiamento non è giusto e non si è superiori comportandosi con arroganza. La cosa che mi dispiace è che effettivamente anche per la legge italiana questi sono dei reati ma poi da classificarli come reati a portare una persona in tribunale ne passa di strada. In Italia poi la difesa attacca su minuzie uscendo completamente dalla questione principale tanto che chi vorrebbe denunciare rischia di passare per colpevole e decide di desistere. Inoltre i lavoratori hanno paura che gli venga fatta terra bruciata tutto intorno e quindi di non trovare più lavoro. Il mondo funziona e continuerà a funzionare così perché non ci sono azioni concrete, perché un'azienda non manda via persone di alto livello per aiutare dipendenti semplici per paura di non avere una bella pubblicità e allo stesso tempo si pensa che la voce, ad esempio di una ragazza che denuncia, non valga niente. Paradossalmente però all'estero è esattamente il contrario perché la voce di quella persona poi risuona su tutti i media quindi è un errore anche a livello di immagine, in Italia c'è questa distorsione.
Come descriveresti il rapporto con i colleghi? Noti differenze nelle interazioni tra colleghi di sesso maschile e femminile?
In cantiere ottimo, ho sempre avuto esperienze positive forse perché ho sempre lavorato in una equipe di professionisti che non mi hanno mai fatta sentire a disagio per il mio essere donna, cosa che invece veniva considerata quando c'era da prestare una certa sensibilità e attenzione. Nel cantiere in cui sto lavorando attualmente, per esempio, mi hanno subito dato le chiavi del mio bagno. In quel caso è stata posta l'attenzione al mio essere donna ma nella maniera corretta, per il resto invece mai. Devo dire che anche negli altri lavori non mi è mai capitato di essere discriminata per il mio essere donna.
Nel caso tu, o qualcuno a te vicino, abbia vissuto esperienze lavorative fuori dall’Italia, hai riscontrato differenze? Se si positive o negative?
Ho lavorato in Belgio a Bruxelles, è stato il mio primo lavoro e conservo un ottimo ricordo di tutta l'esperienza e delle persone e forse questo poi mi ha fatto scontrare con la realtà italiana perché ho avuto un'ottima prima esperienza e ho visto dei comportamenti (positivi) che là sono normali e noi consideriamo incredibili in Italia. Lì si dà molta più importanza alla meritocrazia, la gente viene assunta perché ha le qualifiche e i titoli mentre in Italia non è sempre così. Non voglio dipingere la situazione come tutta nera o tutta bianca, il mondo è fatto di colori, sfumature e luci ed ombre e bisogna saper vedere queste cose. Io all'estero mi sono trovata molto bene ma vivere all'estero comporta molti sacrifici perché si è lontani dai propri affetti e bisogna ricostruire la propria vita a partire da zero, è anche impegnativo per le cose pratiche come l'ospedale.
È facile prendersela con tutti i ragazzi che emigrano all'estero ma quello che non si fa è cercare di capire perché lo facciano, lo fanno per stipendi migliori, perché la vita è più facile e per tante cose che in Italia non si è ancora in grado di dare alle nuove generazioni.
Io prima del mio ultimo cambio di lavoro avevo già ottenuto delle offerte all'estero ed ero in procinto di lasciare l'Italia. La mia attuale società mi ha dato un motivo per restare sia in fatto di compenso economico che di possibilità di crescita professionale. Ad oggi sono riuscita a non emigrare ma l'ho seriamente preso in considerazione perché, avendo già vissuto e lavorato all'estero, so che è meglio, non perché non ci siano le difficoltà ma perché sono risolvibili. In Italia si hanno delle difficoltà sul lavoro che sono banali ma quotidiane, mancano servizi come i trasporti, la burocrazia è complessa ecc. Ci sono poi dei territori che non vengono presi in considerazione, come il sud Italia. Io sono nata in Sardegna a Cagliari dove si ci sono delle possibilità ma non per quello che volevo fare io. Fin da bambina sapevo già che sarei emigrata nel continente oppure avrei dovuto abbassare le mie aspirazioni. Lo Stato in questo non c'è e stiamo perdendo la popolazione italiana.