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S.H.E

Safety, Health, Equality

S.H.E is Stefania Salvai

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Chi sei? (cosa fai)

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Ciao, sono Stefania e al momento direi che sono pianista e didatta, ma poiché credo nell' evoluzione, nella trasformazione e soprattutto nella ricerca introspettiva, penso che l’esperienza che sto vivendo attualmente, potrebbe in futuro anche portarmi a qualcos’altro.

 

Perché fai questo lavoro?

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Potrei rispondere seccamente per scelta, ma credo con maggiore convinzione di essere stata scelta. Ho intrapreso lo studio della musica all' età di sei anni e crescendo è diventato uno stile di vita. Ho sempre alternato attività didattica e concertistica. Entrambi i percorsi mi hanno consentito di sviluppare attenzione, sensibilità e cura nei confronti di colleghi cameristi come me, ma soprattutto degli allievi. Man mano ho compreso che il richiamo verso musica e insegnamento era fortissimo e andava assecondato.

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Sei soddisfatta del tuo lavoro? 

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Sono profondamente grata di svolgere questa professione, nonostante la spaventosa precarietà che questa comporta in un paese come il nostro.

 

Ci sono state delle difficoltà durante la tua carriera lavorativa e come le hai affrontate/stai affrontando?

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Certamente sì. In generale il rispetto per figure professionali come la mia è quasi inesistente. Anche nell’immaginario collettivo manca la percezione e la conoscenza di quanto sia lungo e complesso lo studio di uno strumento e della musica tra gli anni di Conservatorio e le successive Masterclass con grandi Maestri, per non parlare del continuo lavoro di ricerca pedagogica per assecondare le modalità di apprendimento delle nuove generazioni. A questo bisogna aggiungere le ore di viaggio in auto per spostarmi da un polo d’insegnamento all' altro. Tutto nella più totale precarietà e affrontando equilibrismi davvero complicati per arrivare a fine mese.

 

Quanto il tuo lavoro influisce sulla tua vita privata? (La tua azienda offre opzioni di lavoro flessibile? In che modo la flessibilità lavorativa può influire positivamente sulla tua vita professionale e personale?)

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Il mio lavoro ha un impatto molto potente sulla mia vita privata.  Essendo lavoratrice autonoma devo gestire con grande impegno e meticolosità gli spazi fuori casa. Naturalmente tutto dipende da me e per fortuna non sono sottoposta a pressioni di alcun tipo. Ovvio è che devo poi fare i conti con la vita pratica e aggiungere o meno una lezione diventa una questione di sostenibilità della vita con tutti gli annessi e connessi che conosciamo.

 

Hai mai ricevuto un trattamento diverso in quanto donna lavoratrice e come hai reagito? Sono mai state messe in dubbio le tue competenze professionali perché sei una donna?

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Attualmente lavoro in un Centro Studi musicali immersa in un ambiente prettamente femminile, circondata da donne formidabili, sagaci, intellettuali sopraffine e mi reputo fortunata a cooperare con loro su progetti che mi appassionano davvero.

Il Direttore inoltre è uno splendido musicista dall'etica esemplare e quando ci riuniamo mi sento accolta e circondata da esseri umani che in varia misura apportano il proprio contributo al fine di realizzare un progetto didattico molto ben strutturato e dagli intenti comuni. Non avverto il minimo senso di sopraffazione o discriminazione. So però di essere in una specie di ambiente protetto e in passato ho vissuto situazioni molto differenti.

Soprattutto negli anni in cui studiavo e avevo una gran voglia di imparare e capire, ho avuto insegnanti uomini che mi hanno dissuaso a intraprendere certe strade perché sconsigliate alle donne. Agli inizi degli anni ‘90 mi dissero per esempio che non avrei mai potuto fare la Direttrice d’orchestra perché era un ambiente riservato agli uomini. Un episodio che invece tengo a testimoniare è legato ad una frase davvero infelice che mi urlò contro una nota figura del panorama musicale torinese: “o stai con me o sei fuori!” Optai naturalmente per la seconda scelta e questo mi costò moltissimo in termini di carriera. Oggi però sono convinta che da quel momento, sviluppai certamente nuove strategie e il mio impegno fu raddoppiato, triplicato per riuscire in qualche modo a portare avanti i miei progetti musicali e la mia didattica in totale solitudine.

 

Esistono procedure aziendali per affrontare situazioni di emergenza legate a molestie o discriminazioni sul posto di lavoro?

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Suppongo di sì, ma non ne sono al corrente. Lavorando per un’APS credo che non si possa parlare di procedure aziendali.

 

Cosa potrebbe migliorare nel tuo lavoro? (Pensi che ci siano sufficienti politiche aziendali a sostegno del bilanciamento lavoro-vita personale?)

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Il trattamento economico, che però non dipende affatto, nel mio caso, dalla politica aziendale, ma dalle politiche di governi scellerati che continuano a tagliare i fondi per la cultura con le conseguenze che tutti noi conosciamo.

 

Come descriveresti il rapporto con i colleghi? Noti differenze nelle interazioni tra colleghi di sesso maschile e femminile?

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Il rapporto con i colleghi è sempre costruttivo, trasparente e di dialogo. Non ci sono differenze tra uomini e donne.

 

Nel caso tu, o qualcuno a te vicino, abbia vissuto esperienze lavorative fuori dall’Italia, hai riscontrato differenze? Se si positive o negative?

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Ho vissuto per tre anni in Germania dove ho aperto la mia scuola di musica e dove la società intera riconosce la professione del musicista come una delle più nobili. L’attività concertistica è molto ben remunerata. Al mio rientro in Italia ho impiantato la stessa attività che avevo sperimentato ad Ingolstadt con risultati deludenti e negativi. La famosa partita iva non lascia margini di sopravvivenza.

 

Che consiglio daresti a una donna che vuole fare il tuo stesso lavoro?

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Avere tanto coraggio, pazienza infinita ed essere animata da passione smisurata e sana follia.

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